Più piccoli sono gli uomini più lunghi sono i loro coltelli

Era il titolo di un manifesto di oltre vent’anni fa. Avrei voluto non ritornasse mai attuale.

Interpellanze, interrogazioni, mozioni, strumenti di democrazia usabili per conoscere, per capire, per aiutare altri a capire, per confrontare idee a idee, usate come ordigni pieni di malanimo, di frustrazioni, di cattiveria.  Non esistono strumenti e mezzi buoni o cattivi per definizione. Gli uomini usano l’atomo per curare, ma anche per uccidere, il curaro per anestetizzare e per avvelenare, il coltello per tagliare un pane fragrante e il cuore di un uomo, la parola per dire la verità o per ammantare la menzogna.

Avevamo nutrito grandi preoccupazioni quando si profilò all’orizzonte la potente armata clientelare che si accingeva a vincere e a dominare. Vedemmo giusto. Preoccupazioni fondate. Oggi ne abbiamo la prova. Dentro la carta colorata di un linguaggio paludato e falso, corroborato da un comportamento falso e cortese, si prova a disegnare noi a immagine e somiglianza della loro cattiva coscienza.

Prendiamone atto, chi pensava, ingenuo, di addomesticare il lupo si ricreda. Anche quand’esso si veste da cappuccetto rosso, è sempre con denti e unghie sfoderate.

Non è una questione che ha a che vedere con la politica, con una diversa visione del mondo, né con differenze caratteriali, culturali, attitudinali, che, ovvio, ci sono. No! È una questione di potere. È difficile metabolizzare una sconfitta sul filo di lana per chi non aveva messo in conto di perdere, per chi aveva così radicate certezze sulla sua arrogante presunzione.

Finita la sbornia elettorale, sbiaditi i 70 comitati elettorali spettrali, la frustrazione per la sconfitta si è trasformata in cattiveria. Dobbiamo indossare le corazze, ma non farci distrarre dal nostro lavoro, dal nostro impegno, dalle priorità su cui misurarci. Dobbiamo fare quadrato intorno al Sindaco, oggi oggetto di un attacco concentrico di tutti coloro che vedono vacillare privilegi, avanzare la legalità e temono pentole scoperchiate. Dobbiamo stare ritti e stretti a lui, anche se una parte del fango che gli viene lanciato contro, da chi di fango s’intende, dovesse venirci addosso. Nessuno tema la calunnia del calunniatore essa si fermerà sulla pelle, non toccherà le nostre coscienze, né l’intelligenza e il cuore dei cittadini che sanno di saggezza e di buon senso.

I decibel delle urla, il gradiente di cattiveria che è peggio delle urla, ascoltate nel Consiglio Comunale,  devono essere per noi e per tutti coloro che, con convinzione e coerenza, condividono il nostro impegno, la prova – la prima e temo non l’ultima –  da superare diventando più forti dentro, più uniti nell’intento, più attenti alle ragioni dei cittadini, più vicini a chi soffre ed è debole, più dediti ad affrontare e risolvere vecchie e nuove questioni, coraggiosamente alzando i tappeti per spazzarne la polvere sotto nascostavi.

Ci tocca dare ancor più radicalità al nostro rigore. Il bene comune viene prima del bene di ciascuno.  Le regole hanno un senso ma non devono essere usate, summum ius, summa iniuria,  strumentalmente,  per bloccare il lavoro e il da fare.

Ho postato su fb nei giorni scorsi una riflessione di un grande architetto che, provocatoriamente, chiedeva al Parlamento una legge contro la perdita di tempo. Quella perdita che ad arte viene prodotta da monumentali richieste di accesso agli atti, da cavillosità passate per diritti, da spropositate produzioni di ricorsi, interpellanze, interrogazioni, mozioni e spilinguacchi vari anche sulla funzione politica del ronzio delle mosche tze-tze.

Adesso sappiamo quanti chiodi troveremo sulla strada. Adesso dobbiamo dimostrare la nostra “nobilitate”.

Il lavoro, la lotta, gli ideali, la solidarietà, le speranze e il futuro della città: la bussola che ci guida. Quale che siano gli ostacoli frapposti e la meschinità lanciata sui nostri passi.

                                                                                                       Il Gruppo consiliare di Casagiove Coraggiosa