La luna e il dito

Un proverbio cinese dice: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. Lo
stolto, spesso, è un furbo travestito da sempliciotto. Ha il suo interesse nel
disconoscere l’esistenza oggettiva della luna e dirotta l’attenzione di un’intera folla
sulle sfaccettature di un’unghia o su pellicine pressoché invisibili.
Allo stesso modo, in un discorso sul bene comune, lo stolto – che non concepisce il
bene comune – strumentalmente riduce tutto a questioni soggettive. È una dinamica
che avviene in qualsiasi ambito dell’esistenza umana, dagli scenari politici alle liti nel
traffico, dalle questioni climatiche alle più banali riunioni di condominio.
Non c’è da stupirsi che a Casagiove, viaggino le false notizie e le bugie create ad arte
e perseveri il tentativo di coinvolgere tutto e tutti in una contesa da cortile che nulla
ha da spartire con l’ essenza di un confronto civile e sui problemi che in quanto tali
contengono la sofferenza vera delle persone.
A volte gli illeciti non soltanto sono avallati, ma difesi proprio come fossero diritti. Il
saggio persiste a indicare la luna: parla di idea della città, di programmi, inserisce foto
che danno una idea del tempo che sarà, continua a fare analisi. «Eccola!» ribadisce
mostrandola. Ma lo stolto è sempre pronto a ribattere «Sarà un riflesso di qualche
lampione» o «Sarà che avevi il dito lucido». Nulla può far vedere la luna a chi fa
comodo continuare a non vederla, perché il saggio e lo stolto parlano due linguaggi
diversi: uno è quello di chi vuole capire, l’altro è quello di chi vuole coprire.
A volte, pur di non far vedere la luna, lo stolto sarebbe pronto a tagliare il dito che la
indica.
Ogni giorno assistiamo a carnefici che vogliono passare per vittime. Di Cappuccetto
Rosso oggi il lupo direbbe che era stata lei a provocarlo, che era antipatica con quelle
sue treccine, che un po’ se l’è cercata andando nel bosco, che mai lui aveva dato
fastidio a nessuno, che se lui aveva sbagliato l’aveva fatto in buona fede: voleva

mettersi la bambina nel suo stomaco soltanto per tenerla al caldo, considerato che era
inverno.
Se ho sempre amato le favole è perché lì dentro, a voler guardare bene, i ruoli sono
chiari e sono i fatti a stabilirli. Tra vittima e carnefice, sto dalla parte della vittima.
Preferisco chi resiste a chi infierisce, preferisco chi è giudicato a chi giudica con
estrema superficialità.
Preferisco vivere con la tridimensionalità di una coscienza piuttosto che vivere nella
piattezza di chi non la possiede o l’ha persa. Questo senso di ricchezza non potrei
barattarlo con nient’altro.
La città merita governanti sereni e chiede un ritorno al confronto delle idee e dei
progetti. Io spero, per l’amore che le porto, possa ottenerlo.
Preferisco guardare la luna che la verruca su un dito.
Giuseppe Vozza

(liberamente elaborato da un articolo della scrittrice Giulia Carcasi)